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Proviamo a immaginare un mondo di donne che guidano camion pesanti, e di asili nido dove tutti gli educatori sono uomini. Un mondo in cui gli infermieri conquistano premi importanti per la loro dedizione, e le donne dirigono imprese edili.
Sembra assurdo, vero? Già. È percepito come normale, nell’attuale mondo del lavoro, che certi mestieri siano più indicati per le donne, e altri per gli uomini.
Questo però scoraggia tutte quelle donne che desiderano candidarsi per professioni tradizionalmente percepite come maschili. E porta gli uomini a evitare i mestieri tipicamente categorizzati come femminili. Una donna che lavora come meccanico non viene presa sul serio, e un uomo che si fa un mestiere di cura non viene rispettato come meriterebbe.
La cosa si complica ulteriormente quando le donne vogliono fare carriera in settori a predominanza maschile, oppure quando gli uomini cercano il successo in professioni tradizionalmente “femminili”.
- Secondo il Bureau of Labor Statistics americano, nel 2022 le donne costituivano il 58% della forza lavoro negli Stati Uniti, ma solo il 6,5% di queste svolgeva lavori “maschili”.
- Nel 2010, solo il 5,4% degli uomini lavorava in settori a predominanza femminile. Ai tempi, la partecipazione degli uomini alla forza lavoro negli Stati Uniti era del 71,2%, mentre nel 2022 il 68%.
- Diversi studi dimostrano che i settori considerati a predominanza maschile sono il settore dell’edilizia, quello tecnico/meccanico relativo ai veicoli e quello della falegnameria, dove la presenza delle donne è solo all’1-2%.
- I lavori considerati a predominanza femminile sono quelli legati all’educazione negli asili nido e nella scuola dell’infanzia. E poi quelli relativi alla cura delle persone. Infine, i ruoli da segretaria. La presenza degli uomini in queste professioni è di circa il 10%.
Questi sono i numeri. Ma ha davvero senso parlare di differenze di genere nel mondo del lavoro? Cosa pensano davvero le persone quando si parla di collegamento tra genere e professione? I nostri colleghi statunitensi della versione americana de ilCVperfetto hanno condotto una ricerca approfondita per trovare risposte a queste domande.
Ecco i principali risultati:
- L’82% ritiene che certi lavori siano da associare a un genere specifico.
- I tipici “lavori da donne” sono quelli di babysitter, infermiera/ruoli di assistenza sanitaria, e segretaria/receptionist.
- I tipici “lavori da uomini” sono quelli di camionisti, elettricisti, e pompieri.
- Lavori come quello di manager, medico/medica e di chi lavora nel sociale sono da considerarsi “neutrali” (sia maschili che femminili).
- In generale, gli intervistati sono convinti che le competenze professionali e le capacità siano più importanti delle caratteristiche legate al genere. Tuttavia…
- Il 74% è convinto che il genere abbia profondamente a che fare con la scelta di una professione.
- Il 76% è convinto che il disequilibrio di genere in certi settori e professioni cambierà nel tempo.
- Il 59% pensa che ci siano delle professioni in cui le donne non potranno mai avere successo, mentre il 60% ritiene che ci siano mestieri in cui gli uomini non potranno mai fare strada.
Ma non finisce qui. Continua a leggere per saperne di più rispetto a stereotipi di genere e lavoro.
Segregazione sul lavoro: donne insegnanti e uomini camionisti
A ogni mestiere il suo genere? Ecco cosa ne pensano gli intervistati:
- Alcuni lavori sono più adatti alle donne, per esempio quello di insegnante, babysitter, assistente sanitaria domiciliare, receptionist, parrucchiera, infermiera.
- Alcuni lavori sono più adatti agli uomini, come quello di poliziotto, pompiere, segretario, camionista, operaio edile, o elettricista.
- La buona notizia è che, eccetto le professioni sopra menzionate, quasi la metà dei mestieri che abbiamo nominato è risultata “neutra”, per gli intervistati. Tra i lavori percepiti come “sia maschili che femminili” ci sono quello di medico/medica, avvocato/avvocata, manager, consulente IT, assistente sociale, ingegnere/ingegnera, commesso/commessa, analista finanziario/finanziaria, politico/politica. Si tratta quindi di strade percorribili sia dagli uomini che dalle donne, senza limitazioni legate alla percezione di genere.
Le differenze in termini di percentuale sono illustrate nell’infografica qui sopra.
Riassumendo, quindi, non sempre c’è un collegamento tra genere e professione. Alcuni mestieri vengono associati alle donne, altri agli uomini, mentre altri non vengono associati ad alcun genere.
Questo implica che una babysitter sia più brava di un babysitter? E che un pompiere sia necessariamente più competente di una pompiera? Scopriamolo.
Donne e uomini: chi lavora meglio?
La bravura di un professionista è definita dal suo genere? In teoria no, ma in pratica, forse. Questo perché, a causa di caratteristiche specifiche, ci sono tratti basati sul genere del lavoratore o lavoratrice che possono facilitarne lo sviluppo in una particolare professione, oppure ostacolarlo, come ad esempio la forza fisica nel caso degli uomini o l’empatia nel caso delle donne.
Tenendo conto di questo, abbiamo chiesto ai nostri intervistati se, secondo loro, certi particolari lavori sono svolti meglio da uomini o donne. Ecco cosa ne è emerso:
- Secondo gli intervistati, il genere non ha alcun impatto sulla performance per 9 tra le 21 professioni elencate (il 43%). Come risultato, quindi, sia uomini che donne possono essere ottimi avvocati/avvocate, manager, ministri/ministre, medici/mediche, sviluppatori/sviluppatrici IT e software, assistenti sociali, commessi/commesse, analisti finanziari/finanziarie, politici/politiche. Tuttavia…
- Gli intervistati ritengono che un’insegnante donna sia più brava di un insegnante uomo, e lo stesso vale per figure come babysitter, assistenti sanitarie domiciliari, receptionist, parrucchiere, e infermiere.
- Ritengono inoltre che un poliziotto sia più bravo di una poliziotta, e che gli uomini siano migliori delle donne in mestieri come quello di pompiere, camionista, ingegnere, operaio edile, ed elettricista.
Di nuovo, le infografiche qui sopra dimostrano chiaramente la differenza in percentuale.
Le opinioni degli intervistati rimangono coerenti. Infatti, i dati qui sopra sono quasi identici a quelli esaminati nel paragrafo precedente.
Gli intervistati sono convinti che le donne siano più brave nei lavori identificati come “femminili”, e che gli uomini siano più competenti nel ricoprire determinati ruoli a loro assegnati per convenzione. Le professioni precedentemente identificate come “neutrali”, ad ogni modo, vengono riconfermate come “né maschili né femminili”.
Possiamo tuttavia osservare due piccole variazioni.
In questa seconda sessione gli intervistati hanno affermato che un uomo svolgerebbe meglio di una donna il lavoro di ingegnere, mentre nella sessione precedente questo mestiere era risultato “neutrale”.
D’altra parte, i ruoli di segreteria sono passati da essere una professione associata agli uomini ad essere una dove il genere non c’entra nulla con la performance.
Genere o competenze: cos’è più importante?
Tra tutti i fattori in gioco quando si tratta di lavoro, il genere del professionista non è quello più decisivo. Come dimostrano le risposte degli intervistati, in molti casi le competenze professionali sono più importanti delle caratteristiche basate sul genere.
I mestieri dove le competenze prevalgono sul genere del professionista sono: insegnante, poliziotto/poliziotta, avvocato/avvocata, manager, segretario/segretaria, medico/medica, assistente sanitario/sanitaria domiciliare, sviluppatore/sviluppatrice IT e software, assistente sociale, receptionist, ingegnere/ingegnera, parrucchiere/parrucchiera, commesso/commessa, infermiere/infermiera, operaio/operaia edile, analista finanziario/finanziaria, politico/politica.
C’è da notare che, per i mestieri di pompiere ed elettricista, l’importanza delle competenze professionali ha superato solo di poco l’importanza del genere: 51% contro 49%.
Concludendo, dobbiamo evidenziare che ci sono due professioni per cui le differenze di genere non sono totalmente superate, anzi, sembrano essere decisive. Queste due professioni sono quelle di camionisti e babysitter.
Significa forse che le donne non possono sentirsi realizzate in lavori da uomini e viceversa? Non necessariamente.
L’82% associa certi mestieri a un genere specifico
Più di 8 su 10 intervistati (l’82%) ritiene che certi lavori siano tipicamente da associare a un genere specifico.
Tuttavia, svolgere un mestiere in contraddizione agli stereotipi non è necessariamente uno svantaggio.
Secondo il 43% dei partecipanti alla ricerca, la società ha una visione positiva delle donne che lavorano in settori dominati dagli uomini. La stessa percentuale di intervistati ritiene invece che il giudizio della società sia neutrale. Solo il 14%, infine, ritiene che la società giudichi negativamente le donne che hanno scelto di lavorare in un settore dominato dagli uomini.
Gli uomini che ricoprono ruoli dominati dalle donne possono contare su un livello di rispetto simile. Il 44% li giudica positivamente, e il 42% con neutralità. Solo il 14% degli intervistati guarda con scarsa stima un uomo che fa un lavoro convenzionalmente considerato “da donna”.
Notiamo quindi che per la maggior parte dei nostri intervistati non c’è nulla di male se un uomo ricopre un ruolo tipicamente “femminile”, e viceversa: le persone che ne hanno una visione negativa sono una minoranza.
Quasi 8 su 10 persone (il 78%) ritiene che non ci sia nessun problema in un uomo che svolga un lavoro convenzionalmente femminile, e lo stesso vale per una donna che lavora in un settore cosiddetto “maschile”.
È interessante notare che il 23% degli uomini e il 21% delle donne (un quinto degli intervistati) ritiene che le lavoratrici non debbano essere assunte in ruoli convenzionalmente dominati dagli uomini. Inoltre, il 23% degli uomini e il 20% delle donne ritiene che gli uomini non dovrebbero lavorare in ruoli tradizionalmente femminili.
Nonostante tutto, secondo gli intervistati entrambi i generi sono equamente degni di fiducia.
Il 45% dichiara che il genere non influenza il loro senso di fiducia nei confronti di professionisti maschili o femminili. A sua volta, il 28% ritiene che le donne siano più affidabili, mentre il 27% sceglie gli uomini.
Questo introduce un ulteriore aspetto: il genere dovrebbe influenzare la carriera? Se sì, in quali fasi?
Il 70% pensa sia difficile entrare in settori “dell’altro genere”
Il genere di un lavoratore sembra avere un ruolo nella scelta del settore in cui questi sceglie di lavorare.
Più di 7 intervistati su 10 (il 74%) ritengono che il genere dovrebbe influire nella scelta del lavoro.
Tuttavia…
- 1 intervistato su 3 di età fino ai 25 anni pensa che il genere di una persona non dovrebbe influenzarne le decisioni relative al percorso lavorativo.
- Questa opinione è condivisa da più di 1 intervistato su 3 (il 35%), il cui profilo risulta privo di laurea, o assunto con più di 11 anni di esperienza (il 34%) o dipendente da una grande azienda con più di 500 lavoratori (il 33%).
Ma perché le persone sono convinte che la scelta di un mestiere abbia un collegamento con il genere del professionista? Per esempio, a causa di problemi nella ricerca del lavoro.
Il 71% pensa che sia più difficile che una donna ottenga un lavoro in una professione o settore a predominanza maschile.
Al contrario, il 70% ritiene che sia più difficile per un uomo entrare in un settore o ruolo tipicamente “femminile”.
Tuttavia questo sembra non scoraggiare le persone a candidarsi e mettersi alla prova su mestieri predominati dal sesso opposto.
L’81% delle donne sarebbe disposto a lavorare in un settore a predominanza maschile, mentre il 79% degli uomini sarebbe disposto a lavorare in un settore a predominanza femminile.
È una questione di retribuzione? No.
Quando abbiamo chiesto agli intervistati quali stipendi ritengono essere migliori, se quelli relativi ai mestieri “maschili” oppure “femminili”, il 50% ha affermato che le due categorie offrono pari retribuzione. Tuttavia, il 27% ritiene che i lavori femminili paghino meglio, mentre il 23% sceglie le professioni maschili proprio per i guadagni più elevati.
I fatti, però, contraddicono queste convinzioni.
I guadagni settimanali medi di 120.2 milioni di lavoratori americani stipendiati a tempo pieno ammontavano a $1,070 nel terzo trimestre del 2022.
I guadagni settimanali medi delle donne erano di $971, mentre quelli degli uomini erano di $1,164. Quindi, a fronte di un guadagno settimanale medio del 100% per gli uomini, quello delle donne era dell’83,4%.
In uno dei suoi articoli, la corrispondente del The Times, C.C. Miller, suggerisce che la differenza nei tipi di lavoro è la causa principale dietro il divario retributivo di genere, che rappresenta oltre il 50%.
Inoltre, come provato da Hegewisch e Mefferd, i lavori a predominanza maschile negli Stati Uniti generalmente pagano più di quelli a predominanza femminile, anche a parità di livello di competenze.
Diamo ora un’occhiata ad altri vantaggi e svantaggi legati al genere nell’ambito lavorativo.
Sul lavoro, i problemi di genere sono una realtà
Quello del lavoro è un mondo complicato, indipendentemente dal genere. Tuttavia, il genere è spesso la causa di problemi, soprattutto quando si sceglie un mestiere predominato dall’altro sesso. Vediamo quali sono i problemi che le persone si trovano ad affrontare.
Secondo i nostri intervistati, le sfide che le donne possono incontrare quando svolgono lavori a predominanza maschile sono:
- Problemi con la forza fisica
- Maggiore stress e ansia
- Molestie e violenze legate al genere
- Mancanza di occasioni di crescita professionale
- Pregiudizi su gravidanza e maternità
- Mancanza di rispetto da parte dei colleghi
- Stereotipi sulla capacità di leadership
- Isolamento e mancanza di aiuto
- Mancanza di aumento e di opportunità di carriera
Queste sfide, quindi, riguardano sia fattori fisici e psicologici sia pregiudizi sociali e culturali capaci di avere un impatto sulla progressione di carriera e sulle opportunità disponibili per le donne.
Tra gli elementi apparentemente più impattanti che le donne possono incontrare in lavori a predominanza maschile c’è la forza fisica. Per svolgere alcuni mestieri o mansioni è necessaria una forza fisica comunemente associata agli uomini, e questo rende difficile per le donne competere su un piano di parità. Inoltre sono molte le lavoratrici che sentono una maggiore pressione a dar prova di se stesse in un ambiente a predominanza maschile, il che genera maggiori livelli di stress e ansia. Ma sono soprattutto molestie e violenze basate sul genere che finiscono per creare un ambiente di lavoro ostile e poco sicuro.
I risultati del Pew Research Center hanno rivelato che il 28% delle donne che lavora in settori a predominanza maschile ha riportato di avere subito molestie sessuali. La percentuale è del 20% per le donne che dichiarano lo stesso problema in settori a predominanza femminile.
Inoltre uno studio di Dresden et al. rivela che le donne che studiano presso facoltà universitarie a predominanza maschile riportano tassi di molestie più alti di quelle che studiano presso facoltà a predominanza mista (non più del 60% per genere).
Non solo. Tra gli altri problemi che le donne si trovano comunemente ad affrontare nel luogo di lavoro ci sono pregiudizi su gravidanza e maternità, mancanza di rispetto da parte dei colleghi, e limiti di opportunità di aumenti e di crescita professionale. Tutte voci che rientrano nella nostra classifica.
Ma la vita lavorativa non è facile neanche per gli uomini. Tra le sfide che gli uomini incontrano in lavori a predominanza femminile ci sono:
- Incomprensioni da parte di altri uomini
- Carenza di prestigio
- Vergogna/imbarazzo
- Mancanza di opportunità di crescita professionale
- Commenti sull’orientamento sessuale
- Stigma sociale
- Battute e risate
- Mancanza di fiducia
- Timore nell’interfacciarsi con un uomo che svolge un lavoro “da donna”
Proprio come per le donne, i problemi sono riconducibili sia a pregiudizi sociali e culturali che a fattori psicologici.
Al primo posto c’è l’incomprensione o la mancanza di supporto da parte di altri uomini. Altri uomini che, non riconoscendo il valore del professionista che lavora in un settore a predominanza femminile, possono finire per escluderlo o sminuirlo.
Seguono in classifica la carenza di prestigio e la vergogna. E, proprio come le donne, anche gli uomini possono trovarsi in difficoltà per la mancanza di opportunità di crescita. Viene posizionata all’ultimo posto la sensazione che clienti o fruitori di servizi possano temere di lavorare con un uomo quando tradizionalmente il suo posto dovrebbe essere preso da una donna, come nel caso di educatori all’asilo nido o scuola dell’infanzia, oppure babysitter.
“Gli uomini che svolgono mestieri a predominanza femminile temono la femminilizzazione e la stigmatizzazione.[…] La disapprovazione e la derisione da parte di amici maschi e conoscenti viene indicata come una considerevole fonte di ansia. […] È stata espressa preoccupazione anche riguardo allo “stigma” (un termine utilizzato spesso dagli intervistati) per una scelta professionale non tradizionale. Uno stigma associato principalmente al sospetto di omosessualità e, nel caso di insegnanti/educatori, di perversione sessuale”.
Le difficoltà lavorative non sono necessariamente legate a competenze o tratti associati al genere. Ma alcuni punti deboli in ambito lavorativo sono immediatamente collegati al genere dei lavoratori o lavoratrici.
Secondo la ricerca, i punti deboli attribuiti alle donne sul lavoro sono:
- Difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia
- Essere troppo emotive
- Avere difficoltà ad esprimere le emozioni
- Insicurezza
- Competenze comunicative insufficienti
- Competenze nel lavoro in team insufficienti
- Indecisione
- Resistenza al chiedere aiuto
La difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia è al primo posto. È più probabile che le donne assumano ruoli di cura dei figli o di membri anziani della famiglia rispetto agli uomini. Questo rende difficile trovare un equilibrio tra le responsabilità familiari e l’impegno richiesto dal lavoro.
Un altro punto debole percepito è quello che vede le donne troppo emotive, o in difficoltà nell’esprimere emozioni. È più probabile che una donna esponga le proprie emozioni (tristezza, empatia, frustrazione…) rispetto a un uomo. Questo può essere visto come un punto debole, in alcuni luoghi di lavoro. Le lavoratrici potrebbero anche scegliere di non mostrare i loro veri sentimenti, e questo potrebbe essere percepito come un sintomo di vulnerabilità. Infine, conclude l’elenco la resistenza a chiedere aiuto.
Eppure è fondamentale riconoscere che questi punti deboli non riguardano solo le donne.
Anche gli uomini combattono con la percezione di alcuni punti deboli sul lavoro.
- Essere troppo emotivi
- Indecisione
- Difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia
- Competenze nel lavoro in team insufficienti
- Resistenza al chiedere aiuto
- Avere difficoltà ad esprimere le emozioni
- Competenze comunicative insufficienti
- Insicurezza
Anche gli uomini possono risultare troppo emotivi, con l’espressione della loro rabbia o frustrazione, e questa è additata come la loro debolezza principale. Secondo la ricerca, il fatto che gli uomini abbiano una capacità decisionale maggiore rispetto alle donne è soltanto un mito, visto che l’indecisione occupa il secondo posto in classifica.
La difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia riguarda anche gli uomini. Ci si aspetta da loro che diano la priorità alla carriera piuttosto che agli aspetti di cura, ma questo non significa che non abbiano responsabilità in famiglia.
All’ultimo posto troviamo l’insicurezza, e questo fa capire che gli uomini sentono la pressione di presentarsi come forti, competenti e sicuri di sé, il che può portare a una scarsa fiducia in se stessi o dubbi sulle proprie capacità.
Sia gli uomini che le donne, quindi, combattono battaglie simili al lavoro. E i punti di debolezza attribuiti alle donne riguardano anche gli uomini.
Ma le persone costruiscono i loro punti di forza basandosi proprio sulle difficoltà o sulle esperienze negative.
Punti di forza delle lavoratrici
- Competenze tecniche
- Problem-solving
- Capacità decisionali
- Competenze di management e di leadership
- Attenzione ai dettagli
- Risk-taking
- Adattabilità
- Empatia e comprensione
- Capacità relazionali
- Intelligenza emotiva
- Pensiero strategico
Competenze tecniche, problem-solving e capacità decisionali sono in testa nella classifica dei punti di forza delle donne. Questi punti di forza permettono alle lavoratrici di considerare diverse prospettive, portando a risultati più ponderati ed efficaci.
I punti di forza lavorativi di donne e uomini risultano coincidere. Tuttavia, l’ordine delle priorità è leggermente diverso per gli uomini.
Punti di forza dei lavoratori
- Competenze tecniche
- Risk-taking
- Capacità decisionali
- Competenze di management e di leadership
- Pensiero strategico
- Problem-solving
- Attenzione ai dettagli
- Capacità relazionali
- Intelligenza emotiva
- Adattabilità
- Empatia e comprensione
Ecco che di nuovo pensiero strategico e capacità decisionali sono al primo posto. Ma la capacità di risk-taking sembra essere maggiormente associata agli uomini. Essere più propensi a correre rischi calcolati e cercare nuove opportunità sono inclinazioni che portano innovazione e crescita nelle aziende.
Gli uomini sopportano più facilmente incertezza e ambiguità e sembrano propensi ad agire in modo audace e deciso. Dall’altra parte, empatia e comprensione non sono necessariamente le loro competenze più forti.
Per il 60% uomini e donne non avranno mai successo in certi lavori “dell’altro genere”
Da anni la diseguaglianza di genere nella forza lavoro costituisce un problema, e ha portato a disparità di retribuzione, di opportunità e di rappresentanza. Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione verso il bisogno di una maggiore diversità e inclusione nel luogo di lavoro, e questo ha portato a un maggiore impegno nell’individuazione delle diseguaglianze di genere in diversi settori e mestieri.
Per fare luce su questo argomento, abbiamo chiesto ai nostri intervistati se negli ultimi 5 anni hanno visto cambiamenti in tema di uguaglianza di genere.
- Ci sono più donne nei “lavori da uomini”, ma il numero di uomini nei “lavori da donne” non è cambiato – 35%
- Ci sono più uomini nei “lavori da donne” e più donne nei “lavori da uomini” – 32%
- Ci sono più uomini in ruoli “da donna”, ma il numero di donne nei “lavori da uomini” non è cambiato – 24%
- Nessun cambiamento. Ci sono ancora lavori a decisa predominanza maschile e lavori a decisa predominanza femminile – la situazione tra i generi non è cambiata.
Ma i cambiamenti sono evidenti.
Ci sono stati progressi verso una maggiore diversity in mestieri a predominanza maschile: sempre più donne che sono entrate in “settori da uomini”. Lo stesso vale per gli uomini, entrati più volentieri in campi a prevalenza femminile. Tuttavia, secondo i nostri intervistati, il numero di questi è più basso del numero di donne che si candida per lavori “da uomo”.
Eppure la percentuale di persone che dichiara di notare cambiamenti positivi è del 91%, e per “cambiamenti positivi” intendiamo un aumento degli uomini e delle donne che svolgono lavori non tradizionalmente legati al loro genere.
Il risultato finale (e il 9% dei partecipanti alla ricerca) suggerisce che nonostante gli sforzi per affrontare la disuguaglianza di genere nella forza lavoro, alcuni mestieri sono strettamente dominati dagli uomini, e altri dalle donne, e i progressi per cambiare la situazione sono stati minimi. Questo sottolinea la necessità di una maggiore consapevolezza, istruzione e interventi politici per promuovere luoghi di lavoro più inclusivi ed equi.
E questo è importante perché il 59% ritiene che ci siano mestieri in cui le donne non potranno mai affermarsi, e il 60% ritiene che ci siano lavori in cui gli uomini non potranno mai avere successo.
Abbiamo anche chiesto ai nostri intervistati se, a loro parere, la disuguaglianza di genere in certi settori e ruoli possa cambiare.
- Il 76% ritiene che cambierà.
- Il 13% non sa.
- L’11% ritiene che non ci saranno miglioramenti.
Questi risultati suggeriscono che molte persone sono ottimiste rispetto ai cambiamenti possibili. Una notevole minoranza è più scettica riguardo alle prospettive di progresso.
Questo è dovuto a prassi storiche e culturali, o a barriere strutturali, che impediscono alle donne di accedere a specifici percorsi lavorativi o settori.
Insomma è ancora lunga la strada per abbattere la distinzione tra mestieri “da donne” e “da uomini”. Ma è un obiettivo a cui vale la pena di puntare per creare un mondo libero da pregiudizi di genere sul lavoro.
Metodologia di ricerca
I risultati presentati sono stati ottenuti da un sondaggio a cui hanno partecipato 1022 intervistati residenti negli Stati Uniti. Il focus delle domande riguardava la tematica delle professioni a predominanza di genere, maschile o femminile. Agli intervistati è stato chiesto di esprimere quanto fossero d’accordo con certe affermazioni assegnando a ogni dichiarazione un numero in scala. Sono state poste domande sì/no, domande aperte, e domande a risposta multipla.
Limiti della ricerca
I dati presentati si basano su auto-dichiarazioni degli intervistati. Tutti coloro che hanno partecipato al nostro sondaggio hanno letto e risposto a ogni domanda senza alcuna direzione nella ricerca o interferenza. I dati auto-riportati, in genere, presentano molti potenziali problemi, come l’influenza nei risultati della memoria selettiva, problemi di riduzione, attribuzione o esagerazione.
Alcune domande e risposte sono state rifrasate o sintetizzate per una maggiore leggibilità e facilità nella comprensione. In alcuni casi le percentuali presentate possono non raggiungere il 100%. A seconda del caso in questione, questo può dipendere dalla necessità di arrotondare le cifre, dal bisogno di semplificare statistiche più ampie, o di non presentare risposte non rilevanti come “nessuno dei due/non sono sicuro/non so”.
Dichiarazione sull’uso corretto della ricerca
Se sei una donna che lavora in un settore a predominanza maschile o un uomo che lavora in un settore a predominanza femminile, saremo felici se vorrai condividere la nostra ricerca. Se il tuo audience è interessato a queste informazioni, puoi condividerle per un utilizzo non commerciale. In cambio, ti chiediamo di inserire il link a questa pagina, così che i tuoi lettori possano consultare lo studio completo.
Risorse
- Dresden, B. E., Dresden, A. Y., Ridge, R. D., and Yamawaki, N., “No Girls Allowed: Women in Male-Dominated Majors Experience Increased Gender Harassment and Bias”
- Miller, C. “Women’s Gains in the Work Force Conceal a Problem”
- Morris, K., “Male Vs. Female Jobs: Jobs Dominated By One Gender”
- Simpson, R., “Masculinity at Work: The Experiences of Men in Female Dominated
- Occupations”
- The Institute for Women’s Policy Research, “The Gender Wage Gap by Occupation 2019
- and by Race and Ethnicity”
- Ullrich, L. “Male Labor Force Participation: Patterns and Trends”
- United States Census Bureau, “Labor Force Participation and Work Status of People 65 Years and Older”
- U.S. Bureau Of Labor Statistics, “Civilian labor force participation rate”
- U.S. Bureau Of Labor Statistics, “Occupations with the smallest share of women workers”
- U.S. Bureau Of Labor Statistics, “Labor Force Statistics from the Current Population Survey”
- U.S. Bureau Of Labor Statistics, “Median weekly earnings $971 for women, $1,164 for men, in third quarter 2022”
- U.S. Bureau Of Labor Statistics, “Working off the beaten path: men in traditionally female jobs”
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